Salam Alaykum e ciao a tutti, in questa nuova intervista parliamo di Islam e cecità. L’ultima volta ho parlato del mio collega e fotografo Samuele Marino, mentre oggi vi presento Melita (nome di fantasia), dal greco e latino, “dolce come il miele”.
Melita è una ragazza musulmana, praticante, con l’animo sensibile e l’intenzione di volere portare un cambiamento all’interno dell’umma (comunità di musulmani). Oggi insieme a lei parliamo di cecità, condizione che ha dalla nascita, del suo rapporto con la disabilità e del progetto che sta portando avanti.
“Non più disabile” è un progetto che mira a eliminare le barriere sociali che fanno sentire le persone con disabilità ancora più limitate di quanto non lo siano già per la loro condizione. “Quello è già tanto che prega”, dice riferendosi a un musulmano con limiti motori o mentali. Melita dimostra a chi vive nella propria bolla di stereotipi che anche le persone con disabilità hanno da dare, e lo fa in occasione del workshop conclusivo nel Diploma in Studi Islamici 2024.
Parlami di chi sei, del tuo background.
Sono di origini albanesi, della Macedonia dove c’è una comunità di albanesi, turchi e io sono albanese perché i miei sono emigrati lì. Siamo tutti musulmani, di entrambe le parti, nata e cresciuta nell’Islam. Vivo in Italia da quando avevo undici mesi e ho la cittadinanza.
Melita qual è il tuo rapporto con l’Islam come credente e come credente con una disabilità?
Trovo difficile articolare una risposta, quindi lascerò il cuore parlare e quando il cuore parla, le parole scendono come gocce di pioggia.
Partiamo da una questione: tutti affrontano le proprie sfide, che tu creda o non creda, cambia il modo in cui le affronti.
Io da musulmana e disabile mi sento benedetta. Sono nata con questa condizione, e anche se apparentemente si tratta di una “privazione” di un senso, oggettivamente parlando mi manca qualcosa, sono “non vedente”, non posso fare tante cose, come guidare la macchina e via dicendo, da musulmana io la vivo in modo diverso.
Magari sono la persona che Allah Subḥānahu wa taʿālā ha scelto di proteggere dal vedere ciò che c’è di brutto. Certo, c’è il bello ma il brutto è opprimente. Io ho ringraziato di non vedere quando le persone mi parlavano dei video che girano sulla Palestina, già ascoltare è insopportabile.
Mi sento protetta e poi sai che siamo solo di passaggio, questa non è la nostra destinazione finale, e sai che nell’akhirah [aldilà] potrai vedere la luce e la bellezza di Allah Subḥānahu wa taʿālā. Come potrei mai chiedere di vedere in questo mondo quando nulla è paragonabile alla sua bellezza.
Mettiamola sul concreto, ti offrono la possibilità di andare alla Mecca ma tu ti impunti di andare a vedere la moschea blu a Istanbul, non sono minimamente paragonabili anche se quest’ultima è bellissima.
Se dovesse esserti prescritto il matrimonio come te lo immagini?
Io chiedo ad Allah Subḥānahu wa taʿālā di avere un matrimonio come il Profeta ﷺ e Khadija, due persone che si compensano. Chiedo che di avere il carattere di Khadija e lui del Profeta ﷺ [amin]. Mi immagino avere la nostra famiglia e poi vorrei andare in missione per aiutare gli altri.
Se vai oltre, significa che con la famiglia stai già facendo un bel lavoro e se non hai un rapporto funzionale, non puoi aiutare il prossimo. Se tieni un sorriso fuori ma in casa hai sempre il muso, è inutile.
Melita parlami di questo progetto che include Islam e disabilità, come sta andando?
Non c’è stato interesse e non è partito, ma stiamo lavorando per cambiare le cose. Io vorrei che si eliminassero le barriere sociali nelle relazioni tra persone con disabilità. L’Islam è una religione di inclusione. Il Profeta ﷺ aveva un prefetto non vedente, faceva parte della comunità in moto attivo.
Siamo persone attive che possiamo anche dare; invece, nella società siamo considerati come quelli che possono solo prendere, senza potere contribuire in modo attivo.
Nel pratico in cosa consiste questo tuo progetto?
Mi piacerebbe creare uno scambio tra persone con e senza disabilità. Sensibilizzare la nostra comunità che avere una disabilità non è una disgrazia o una condanna, che dobbiamo vederlo dal punto di vista islamico. Voglio che le persone si vengano incontro, pensa che la Diocesi di Brescia ha organizzato un corso di Corano in braille e in lise.
Mi sembra che così lasciamo fuori i membri con disabilità e ci devono pensare gli altri. Ammiro quello che hanno fatto ma dobbiamo anche noi muoverci per rendere realtà queste cose. Perché deve essere la diocesi e non la nostra comunità nel proporre attività che mettano in dialogo persone con e senza disabilità? Il dialogo comprende tutto perché è uno scambio.
Non mi piace porre una differenza tra me e voi; la persona con disabilità deve essere inclusa, accompagnata a sedersi dove tutti gli altri si siedono. Non solo portarli ad ascoltare la khutba [sermone islamico durante la preghiera del venerdì] del venerdì e poi invitarla ad uscire. Al-ḥamdu lillāh [lode ad Allah] ci sono eccezioni, è vero ma voglio che siano più numerose.
Come ti sei trovata con le amicizie nel corso della tua vita?
Durante l’infanzia le mie compagne di gioco non erano amiche. Ero la bambina che si teneva per mano, c’era sempre un’assistente con me. Ero la bambina che doveva essere inserita nel gioco e non perché venivo volontariamente scelta.
Al liceo, ho studiato allo scienze umane – economico sociale, ho avuto delle amicizie che sono rimaste anche dopo la maturità. Poi c’è stato un allontanamento non dovuto a ragioni particolari.
Non sono mai stata popolare con centocinquanta amiche diverse, le ho sempre contate su una mano. Vedevo che c’erano persone circondate da amiche ma alla fine, l’importante è chi rimane.
Dove hai studiato?
Provincia di Mantova.
Le persone come ti facevano sentire?
Ci devo pensare. Mi ricordo di una gita di più giorni, è emerso che durante un’assemblea è uscito fuori che nessuno voleva stare in stanza con me. Poi una persona piangendo mi ha detto che non era vero; in generale non mi hanno mai fatto pesare la mia cecità.
Ti sei sentita inclusa?
Sì, mi sono sempre sentita inclusa. La mia migliore amica mi veniva a prendere alla fermata del pullman; le sono molto grata e le voglio molto bene.
Arriviamo all’università, com’è andata e cosa hai studiato?
Ho studiato mediazione linguistica e comunicazione interculturale. È andata benissimo ma non senza ostacoli! Dell’università mi sono rimaste poche amiche ma buone, comprese anche due docenti. Non mi giudicano e anzi, sono affascinate dall’Islam.
Una mia amica mi ha detto che ho cambiato la sua visione dell’Islam, mentre un’altra, l’ultimo Eid al-Fitr [si festeggia alla fine del Ramadan] è venuta da Parma per passare l’Eid con me.
Ora passiamo alle amicizie da adulta.
Ora ho tante amicizie musulmane che prima non avevo, quelle non musulmane sono sane, non giudicanti, curiose, anzi mi tutelano. Una mia amica non prende mai alcolici in mia presenza e un’altra ha saputo che ci sarebbe stato un pranzo e che non avrei potuto mangiare niente, mi ha portato in un bar e abbiamo mangiato lì.
Un gustoso panino con tonno, maionese e uova, me lo ricordo ancora! Anche le amicizie musulmane sono sane e non giudicanti [allahumma barik]. Una menzione speciale è per Francesca Bocca, per la quale provo una stima sconfinata. Grazie a lei poi ho conosciuto altre persone [ndr facciamo parte di un gruppo di sister muslim] e con lei ho lavorato anche a quel progetto di cui ti parlavo.
Stai facendo un lavoro basato sui tuoi studi e la legge italiana ti ha tutelato nella ricerca di un lavoro?
Sto lavorando come mediatrice culturale, interprete. Lavoro anche come assistente alla comunicazione o educatrice scolastica. Sto seguendo un ragazzino non vedente dalla Macedonia. Affrontiamo insieme la barriera linguistica e quella della disabilità. È una doppia mediazione.
Che lingue parli?
Parlo inglese, francese, albanese, italiano e tedesco [allahumma barik].
Con il ragazzino in che lingua parli?
Parlo in italiano ma all’inizio solo in albanese.
Normodotato, cosa ne pensi di questa parola?
È una parola che non mi piace, sembra che chi ha una disabilità non sia normale ma ognuno di noi ha le proprie. Quindi non mi piace come parola.
Cosa pensi delle persone con disabilità che vogliono avere una famiglia?
Penso che sia un diritto fondamentale e innegabile, che sia un desiderio naturale e lecito. So che dall’altra parte ci fanno sognare ad occhi aperti ma dentro sanno di non essere d’accordo. Io lo metto in chiave islamica, se sai che il tuo sostentamento, rizq, è nelle mani di Allah Subḥānahu wa taʿālā, ti affidi a lui soltanto.
Un messaggio che voglio lasciare in modo chiaro è: state attenti non solo alle parole ma anche al tono. “Ma sì, speriamo un giorno…” e poi intendono dire “ma tu in realtà nelle tue condizioni cosa vuoi avere”. Nel mio caso non solo sono cieca ma diventerò anche sorda.
Questo discorso vale per ogni tipo di disabilità?
Per ogni tipo. Se uno ha una disabilità che lo porta all’aggressività, sono certa che prevalga l’amore.
Animaletto preferito?
Il gatto. Il mio sogno è avere un gatto a pelo lungo perché mi dà la sensazione di calore. Poi accarezzare i gatti ha i suoi benefici. In ogni moschea che si rispetti ci deve essere un gatto. il mio gatto ideale è bianco panna, con il pelo folto. Il suo nome sarebbe Fiocco o Pancake.
Ringrazio Melita per questa intervista, le sue parole rieccheggiano ancora nella mente. Penso che sia, per tutti noi, uno spunto di riflessione sia su noi stessi, sulla visione dell’Islam e sul lavoro che dobbiamo fare ogni giorno di gratitudine.
Se ti piace come scrivo, sappi che ho pubblicato il mio libro, per saperne di più.
Hai una domanda per Melita o sull’Islam? Lascia un commento, scritto con educazione e gentilezza, e tornerò da te il prima possibile.
Alla prossima inshallah (Se Dio vuole),
Ale.

Allahumma baarik. Che Allah la iscriva tra i Suoi eletti in Jannat al-Firdaws, le doni la grazia immensa di contemplare il Suo Nobile Volto senza veli, e trasformi ogni sofferenza vissuta su questa terra in luce, misericordia e sollievo nel Giorno del Giudizio.
Grazie Ale per avermi permesso di conoscere un po’ il mondo di questa perla rara attraverso l’articolo, che Allah ti protegga e mantenga la nostra amicizia salda fi dunya w al akhira.
Bisouuuu
Ameen,
Bisous bisou I love u ❤️
Esiste la traduzione del corano in italiano in braille?
Risposta di Melita: Salam ailekoum, sì esiste. Lo fornisce di solito l’università turca, se si hanno dei contatti. Io l’ho ottenuto tramite un parente. Non è facile averlo come ordinarlo online.
Salam, grazie per aver condiviso la tua esperienza. È stata una lettura gratificante e apprezzo il fatto di conoscere il tuo punto di vista personale. Se c’è una cosa che vorresti che la gente smettesse di fare/dire (sia generale o specifica) quale sarebbe?
Risposta di Melita: Wa aylekoum salam abaraketu, vorrei che si lasciasse andare l’idea che siamo eternamente tristi e che la compassione diventi affetto che un sentimento dettato dalla pena.”